Gregorio Botta
Machina
29 novembre 2016 — 31 gennaio 2017
Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro
A cura di Ludovico Pratesi, la mostra di Gregorio Botta si basa sulla rilettura degli spazi architettonici della Pescheria, attraverso sculture e installazioni di notevole impatto.
Dopo la mostra di Jannis Kounellis, un’artista di una generazione successiva si confronta con gli ambienti del Centro Arti Visive, con un linguaggio espressivo diverso ma complementare, attraverso una serie di opere che riportano il centro al suo passato, riletto con consapevolezza e rigore.
Nel Loggiato sono presenti tre tavoli rettangolari in ferro, che ricordano gli antichi banchi del pesce posizionati nell’antica Pescheria, dove scorrono piccoli rivoli d’acqua che sgorgano da sottili ferite, mentre alle pareti sfilano una serie di sculture a parete, che ricordano le lanterne di una volta. Al centro dell’ex chiesa del Suffragio l’artista ha ricostruito in scala l’architettura dodecagonale in ferro, per realizzare una scultura chiusa e minacciosa: una sorta di un monolite, all’interno della quale una fonte di luce produce un movimento rotatorio, visibile soltanto attraverso alcune sottili feritoie aperte nella struttura.
“Machina è un progetto legato all’idea delle macchine teatrali rinascimentali e barocche, che venivano utilizzate in particolari occasioni civili e religiose, ed erano commissionate a grandi artisti come Giulio Romano o Gian Lorenzo Bernini”, spiega Ludovico Pratesi; e prosegue “in questo caso Botta ha utilizzato il suo consueto linguaggio espressivo, che trasforma stilemi tratti dall’Arte Povera e dall’arte Minimal in sculture metafisiche dense di suggestioni poetiche, per realizzare una serie di opere ad hoc per gli spazi della Pescheria”.
“La mia è un’arte del togliere, del poco, del meno, sperando di arrivare a un’arte del niente. Un’arte che sparisca e lasci solo, come una vibrazione, come un motore segreto, l’azione per la quale è nata”, racconta Botta. In questa occasione, l’artista ha voluto confrontarsi alla pari con la storia e la memoria degli spazi espositivi, riletti attraverso interventi che ne accentuano la dimensione suggestiva e misteriosa attraverso sapienti equilibri tra luce e ombra, opacità e trasparenza, leggerezza e pesantezza.
“Il visitatore viene invitato a riflettere sulla capacità dell’arte di trasformare il genius loci in un’esperienza che sottolinea e sintetizza le linee guida di una memoria sedimentata, per proiettarle in una dimensione sospesa e intima, che suggerisce un rapporto meditativo con l’opera”, aggiunge il curatore.