Capodimonte in contemporanea

roma / 8 marzo 2018


LA NUOVA OPERA La collezione si arricchisce con un grande polittico in tecnica mista firmato da Umberto Manzo

“Il più grande nemico del museo è l’immobilità” con queste parole il Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger ha accolto l’ingresso di una nuova opera nella collezione di arte contemporanea, donata dall’artista napoletano Umberto Manzo, courtesy Studio Trisorio. “Senza Titolo”, 2016 è stata prescelta perché sposa le missioni di memoria e di archivio che il museo ha individuato tra i propri obiettivi. Pur essendo una realtà museale già patrimonio della storia dell’arte dal ’300 in poi, essa non glissa il proprio arricchimento attraverso l’inclusione anche delle opere della contemporaneità. È un orientamento comune tra i musei del territorio, a ricordarlo è intervenuta Laura Valente, presidente della Fondaz. Donnaregina per le arti contemporanee e del Museo Madre: «Bisogna favorire un’idea di museo diffuso che si traduca in condivisioni e rete tra le strutture. Un progetto che dedichi nuovi spazi alle eccellenze soprattutto emergenti». Il Direttore del Museo Madre Andrea Viliani ha rimarcato questo «lavoro quotidiano in difesa dell’arte. Oggi i musei si parlano con una vivacità e quotidianità di relazioni come mai accaduto prima». E di quanto l’attivismo continui oltre i confini geografici, ne è testimone la gallerista Laura Trisorio che ha menzionato una grande sinergia tra gallerie private ed istituzioni pubbliche: «Sostenere all’estero l’immagine degli artisti napoletani significa promuovere l’immagine dell’intera città». L’opera di Manzo è un polittico di nove elementi realizzato con tecnica mista su carta e tela, legno, ferro e vetro, esteso per un’ampia dimensione. Il tutto a formare una ciclopica testa di Afrodite. Una testa “classica” che ospita in sé un mélange di materiali moderni divenendo così contenitore di tutta la Storia, sintesi tra arte contemporanea ed arte antica. L’opera nega evoluzionismi unilineari e celebra la mancanza di limiti temporali netti tra presente e passato con chiaro riferimento a Napoli, città stratificata per eccellenza. La ricerca di Manzo è incentrata sulle “opere-archivio di memoria” da lui descritte «non come feticci bensì opere in movimento, sempre aperte ad assorbire nuove immagini». La mancata attribuzione di un titolo alle creazioni è un suo segno peculiare. Per l’artista «un nome compromette le interpretazioni libere di chi osserva. L’arte adotta un codice visivo perciò se il messaggio è efficace, arriva immediato senza la mediazione di un titolo esplicativo». L’uso di tecniche e materiali eterogenei quali l’emulsione fotografica, la grafite, la pittura ad olio, le colle vegetali rendono distinguibile il suo modus operandi. Egli stratifica i disegni, li colloca nel telaio, crea tagli e profili di volti. Un’espressione di eclettismo artistico in cui elementi diversi armonizzano. Grande impulso all’iniziativa è stato dato anche dalle donazioni di altri noti esponenti dell’arte contemporanea come Alberto Burri, Jannis Kounellis, Louise Bourgeois, Mimmo Jodice e Mimmo Paladino.

Roberta Tedeschi


 
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Manzo: la testa di Afrodite simbolo di Napoli

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Umberto Manzo per il Museo di Capodimonte. Con una nuova opera in collezione permanente