Dorothea Lange la fotografa degli ultimi: allo Studio Trisorio si inaugura “A visual life”

la repubblica napoli / 7 giugno 2016


Ci sono due autori che sono in grado di commuoverci raccontando la grande depressione americana del 29: John Steinbeck con "Furore" e Dorothea Lange con le sue fotografie. "Furore" è famoso, anche grazie al film capolavoro di John Ford. Dorothea Lange, invece, era nota fondamentalmente agli studiosi di storia della fotografia e a quel fotografi che hanno scelto il fotogiornalismo e l’indagine socio-antropologica come impegno civile. Ben venga, finalmente anche in Italia, il rinnovato interesse per questa grande fotografa che nell'aprile scorso fu presentata al museo Madre dalla nipote Dyanna Taylor e da Mimmo Jodice e che torna ora in una bella e imperdibile mostra da giovedì 9 (inaugurazione alle 19) presso lo Studio Trisorio, in via Riviera di Chiaia 215. Si tratta di una retrospettiva dal titolo "A visual life" con circa 30 fotografie scattate fra il 1930 e il 1940. Nata a Hoboken in New Jersey nel 1895, la Lange lavorò dapprima fotografando gli indiani Hopi, per poi entrare nel programmi della Farm Security Administration. I suol scatti, dal forte impatto comunicativo ed emozionale, nascono con il desiderio e la speranza di cambiare, attraverso le immagini, la temibile situazione creatasi con la Depressione, che vide nelle zone rurali, la dolorosa povertà degli agricoltori e delle loro famiglie. La foto di Dorothea Lange "Madre senza patria" (Migrant Mother) è una delle più conosciute della raccolta FSA, un'icona di quel periodo storico e una pietra miliare nella storia della fotografia. Fotografi come lei, come Lewis Hine, Walter Evans, si pongono all'inizio di una tradizione di fotogiornalismo che attraverserà tutto il secolo. Va anche detto che la crisi del ‘29 offri agli Stati Uniti l’occasione di ripensare il modello di società e di ricostruire un tessuto economico, politico e finanziario, senza comprimere i diritti individuali e allargando ampiamente quelli sociali. La Lange, fedele ai dettati delle politiche economiche di stampo keynesiano del "Brain Trust” di Roosevelt, ricorre a tutti i registri della cultura visiva, anche a quelli classici della pittura e della scultura, per documentare l'umanità dei soggetti che ritrae, consapevole che l'immagine fotografica infrange le tradizionali modalità di fruizione visiva, rendendo intimo e vero il distante, relazionando il tempo e il luogo, sia esso bello e condiviso, sia tremendo e doloroso. La partecipazione emotiva si ottiene non solo mostrando disperazione e miseria, ma anche l’orgoglio, la dignità, la voglia di riscatto. Per la Lange la fotografia diventa lo strumento attraverso il quale osservare profondamente il mondo. "Bisognerebbe utilizzarla come se il giorno dopo si diventasse improvvisamente ciechi, diceva. I suoi lavori, riconosciuti come strumento del più moderno mezzo di denuncia sociale, trovarono ampio spazio al MoMA (Museum of Modern Art), nel gennaio 1966, la prima mostra dedicata a una fotografa donna. Presso lo Studio Trisorio, la mostra si potrà visitare fino al 15 settembre. Una seconda sezione della retrospettiva, "The camera is a great teacher", a cura di Gennaro Matacena e Matteo Scaramella, verrà presentata sabato 11 giugno, alle 17.30 a Castello di Postignano (Sellano, Perugia). Par la prima volta in Italia, le due mostre offrono un ampio spaccato del lavoro di Dorothea Lange, una occasione importante in un momento e in un mondo in cui l'immagine fotografica sembra il principale veicolo di comunicazione e Google Photos annuncia che sono più di 24 miliardi le foto caricate su internet nel solo 2015.

Mario Franco


 
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