Allo Studio Trisorio il fascino ambiguo di Carlo Alfano, il grande artista napoletano morto 30 anni fa

il denaro / 21 luglio 2016


Lo Studio Trisorio ci propone una personalità artistica molto nota non solo a Napoli, Carlo Alfano. Morto prematuramente nel 1990 era nato a Napoli nel 1932. L’artista è in mostra con le opere, in bianco e nero che manifestano la sua personalità, i suoi stati d’animo, la sua volontà di esprimersi, considerato che egli si diceva un solitario e si esprimeva con un fondo di ambiguità che tuttavia incuriosiva e attraeva. Fin dagli anni Cinquanta mostrava interessi molteplici, sia verso la musica, iscrivendosi al Conservatorio di San Piero a Maiella, che verso la filosofia, la letteratura e le Belle Arti per cui si iscrisse anche all’Accademia. Era dunque un giovane culturalmente preparato ed interessato che scelse, per esprimere se stesso, lo spazio, più che le immagini dipinte e colorate viste nelle sua prima mostra del 1955 nella Galleria San Carlo dove si videro “Figure” senza titolo, indecifrabili, perse nello spazio. La sua analisi si approfondisce negli anni Sessanta come si poté vedere nella Galleria di Lucio Amelio, a Piazza dei Martiri nel 1966, quando su supporti di legno, o su tubi metallici riflettenti, si esprimeva in segni geometrici. Erano gli anni in cui cominciava ad avere successo l’arte concettuale quindi non meravigliano le ricerche intellettuali dell’artista sulle differenze tra l’arte rinascimentale, che ammirava e l’arte contemporanea, esprimendosi nelle differenze tra i due mondi, come in “Distanze”, un’opera del 1968-69 quando molti suoi lavori erano ancora “installazioni”, e nella mostra “Vitalità del Negativo” prima a Roma, poi a Montepulciano e a Napoli. Dal 1969 Alfano riutilizza il mezzo pittorico, d’uso tradizionale, la tela. Su grandi tele monocrome prende a trascrivere con grandi iscrizioni numeriche ripetitive la sua percezione del tempo. Considerata la sua preparazione e la sua cultura fu preso e affascinato anche dai quadri di Caravaggio, soprattutto da quelle tavole in cui si accentuano le diversità di luce, chiaro e scuro. Negli anni Ottanta cominciano le sue scissioni del corpo umano, significanti la divisione spazio-tempo rappresentata anche alla Biennale di Venezia del 1982, e il contrasto luce-nero che si possono vedere anche nella famosa Collezione “Terrae Motus” alla Reggia di Caserta che raccoglie l’archivio di Lucio Amelio. Ma altre sue opere sono esposte anche allo Gnam di Roma, al Museo Archeologico di Paestum, al Museo Nazionale di Capodimonte , al Museo di arte Contemporanea di Trento, di Rovereto, alla Galleria Gam di Torino, a Rotterdam, in Israele, a New York. Anche da queste esposizioni comprendiamo la rilevanza dell’artista che, introspettivo, tuttavia intendeva comunicare i suoi contrasti interiori attraverso rilevanti opere, servendosi dei contrasti del suo spirito espressi soprattutto con lo spazio pieno o vuoto, e ancora, ripeto, col colore bianco o nero.

Maria Carla Tartarone Realfonzo


 
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