L’arte di Botta Respirare, con leggerezza

la repubblica bologna / 30 settembre 2021


Un mondo sospeso, in equilibrio precario, creato a partire dai materiali più disparati

È un lungo respiro, onirico e poetico, quello che ci regala l’arte di Gregorio Botta nella mostra “Breathe out” che si inaugura oggi alla galleria Studio G7, in via Val d’Aposa 4A, dalle 15 alle 21.
Napoletano di origine ma trapiantato a Roma, un passato che lo ha visto studente all’Accademia di Belle arti capitolina e poi giornalista a Repubblica, Gregorio Botta da diversi anni si dedica a una pratica artistica che lo ha portato a esporre in gallerie private come nei musei pubblici. Una ricerca che parte dai materiali più disparati – carta, cera, vetro, elementi naturali e terracotta – con i quali creare un mondo sospeso, in cui la rappresentazione della realtà lascia posto a una dimensione interiore, in cui gli elementi della natura diventano oggetti simbolici.
E oggetti sono le opere esposte alla G7. C’è la “Porta”, una scultura composta da una lastra di vetro che in equilibrio precario sorregge una ciotola in cera, e c’è “Hölderlin Paradise” composto da una serie di piani di vetri sospesi uno sopra l’altro come una torre trasparente in cui si depositano piccoli fiori di creta. “Il cielo è a tal punto mentale” invece si presenta come una grande “tela” in cui emerge enigmatico e pulsante un cerchio, mentre un lavoro a parete, “Senza titolo”, presenta lastre di vetro che comprimono frammenti di tela. Sono lavori inediti realizzati nell’ultimo anno e presentati in contemporanea alla galleria Studio Trisorio di Napoli con un testo di Marinella Paderni. Un respiro sembra attraversarli, producendo un senso di movimento, di libertà. Un agitarsi della materia che si accompagna a un rigoroso gesto dell’artista.
«Penso che siano lavori estremi perché sono fatti veramente di pochissimo, di una grande leggerezza – spiega Botta –. È un soffiar via, un’atmosfera molto lieve in cui le forme si reggono in un equilibrio precario. Nascono inseguendo uno dei temi che affronto da tempo, il rapporto tra pieno e vuoto, dove però il vuoto sta prendendo il sopravvento».
Chi conosce il lavoro di Gregorio Botta potrà notare come in queste ultime opere ricorrano elementi già presenti in passato – la natura, la trasparenza, la stratificazione – ma declinati in maniera completamente differente. «Ci sono codici che fanno parte del mio patrimonio linguistico – prosegue l’artista –. I panni piegati tra i vetri rappresentano uno spazio chiuso che deve essere ancora dispiegato. I fiori di terracotta sono nuovi, ma avevo usato foglie vere nella serie di “Noli me tangere”: qui i fiori sono tridimensionali ma sono assolutamente artefatti e hanno una loro assurdità. Sono lavori complessi». Certo, c’è una complessità dietro a queste opere ma le forme essenziali e diafane affascinano l’osservatore, attirandolo in una visione ravvicinata. C’è un senso di movimento intrinseco alle opere come un respiro, appunto, che si espande nello spazio della galleria. «Ad esempio, il lavoro di grande dimensioni con il cerchio dipinto evoca un grande vuoto centrale – conclude Botta –. In queste velature solide emerge una realtà che al contempo pare sfuggire. Si sente ma non si riesce mai ad afferrarla».

Paola Naldi


 
Previous
Previous

Vetro, foglie, sangue nelle opere “vitali” di Gregorio Botta

Next
Next

In mostra da Trisorio. L’arte come respiro: il misticismo laico di Gregorio Botta