Luciano Romano. Ex novo

arte.go / 9 aprile 2022


Un corpus di sei fotografie che dialogano con il capolavoro del Caravaggio Le Sette Opere di Misericordia custodito al Pio Monte e con opere iconiche del Seicento napoletano presenti in altri musei italiani, dipinti di Luca Giordano, Francesco Guarino, Jusepe de Ribera e Guido Reni. Il tema della misericordia è declinato da Luciano Romano ex novo secondo le logiche e le urgenze del nostro tempo, con lo scopo di rappresentare quel sentimento di empatia e compassione per i deboli e per gli ultimi, che spinge ad agire per condannare la violenza, anche quella invisibile, il sopruso, l’indifferenza, la discriminazione e il rifiuto per la diversità.

“Il mio lavoro, attraverso una forma di meta-rappresentazione teatrale, interpreta i sentimenti di solidarietà ed empatia dei quali tutti dovremmo farci carico, in un momento storico tumultuoso che, per ricorsi storici, esodi, epidemie, conflitti, sembra richiamare il Secolo di Furore che vide nascere le creazioni del Pio Monte. – spiega Luciano Romano – Il titolo della mostra Ex Novo richiama l’assonanza con il termine ex-voto. L’idea è stata quella di progettare un lavoro che solleciti a percepire in maniera nuova un sentire antico, un sentimento etico nei confronti degli altri, affiancando la missione del Pio Monte portata avanti anche attraverso l’azione dell’arte.”

Protagonisti nelle immagini in mostra sono giovani attrici e attori, danzatori e figuranti che hanno interpretato liberamente le opere a cui Luciano Romano si è ispirato per i suoi scatti. Dipinti che gli attori incarnano in maniera evidente, in una straordinaria interpretazione, tra gesti, mimica ed espressioni. Un linguaggio dichiaratamente teatrale che mette in luce i dettagli compositivi della pittura barocca: nella fotografia che evoca il quadro di Jusepe de Ribera San Gennaro che esce illeso dalla fornace, conservato nella Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo di Napoli, si vede una giovane donna nuda e indifesa che sembra voler parare con le mani un senso di incombente minaccia; nello scatto dedicato alla tela di Luca Giordano Perseo e la Medusa, custodito al Museo di Capodimonte a Napoli, il protagonista è pervaso da un senso di smarrimento infinito; il quadro del 1665 La Deposizione di Cristo dalla Croce di Luca Giordano, che si trova nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, diventa ispirazione per l’immagine di una figura femminile misericordiosa tra sacro e sensuale; e ancora, il dolore non urlato, soffocato, silenzioso, è protagonista nella fotografia dedicata al dipinto del 1611 la Strage degli innocenti di Guido Reni, conservato nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, dove una donna trattenuta per i capelli diventa manifesto della violenza sulle donne; un’eroina contemporanea appare nell’immagine che ricorda la tela di Sant’Agata di Francesco Guarino del 1640, esposta nel Museo di Capodimonte, che viene raffigurata come un’icona religiosa che si trasforma in icona laica, simbolo di una donna che lotta per sopravvivere ad una pratica tanto arcaica quanto drammaticamente attuale, quella del femminicidio; all’esodo dei popoli che attraversano il Mediterraneo è dedicata la fotografia che si ispira al quadro del Caravaggio Le Sette Opere di Misericordia, nella Cappella del Pio Monte della Misericordia, dove è protagonista l’uomo bianco che viene tratto in salvo dal mare.

“Luciano Romano compie una rilettura delle fonti, attraverso un uso mirabile della fotografia che qui si palesa come addizione di teatro e cinema: gestualità, tempo, durata, preparazione, tutto condensato in queste immagini, perfette nel loro minimalismo, nella loro capacità di condurre l’osservatore verso una totale immedesimazione. – spiega la curatrice Marina Guida – I protagonisti di queste opere, si manifestano come oracoli della visione inversi, si rivolgono a noi, aprono dei quesiti, ci interrogano, ci chiedono aiuto, ci domandano di sostare in un attimo di sospensione temporale. Ci chiedono cosa proviamo, cosa pensiamo, ci invitano ad entrare nel loro mondo, a chiudere gli occhi per immedesimarci, anche solo per un istante e riuscire a percepire la loro condizione. Ci invitano a “vedere”, a riconsiderare dalle fondamenta l’umano.”

Negli scatti di Luciano Romano l’iconografia della pittura seicentesca transita nel linguaggio contemporaneo della fotografia, e l’arte del presente e quella del passato dialogano in una rinnovata attenzione ai valori religiosi, interpretando un bisogno di misericordia che pervade la società di tutti i tempi. La mimica dei corpi, dei gesti, dei volti, l’intensità delle espressioni ci dice infatti che, in fondo, non c’è interruzione alcuna fra il passato e il presente, fra dramma antico e dramma contemporaneo. Le immagini colgono uno stato di sospensione, come se l’occhio si fermasse sulla soglia di qualcosa che sta per accadere, ma non si è ancora consumato: indefinite in senso didascalico, e finanche con delle inversioni di senso rispetto ai prototipi pittorici, le immagini non intendono raccontare, ma suggerire una possibile interpretazione da parte dello spettatore. Vengono così alla luce fotografie che lasciano intenzionalmente un varco aperto, immagini che vogliono farsi completare dallo sguardo di chi le osserva.


 
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“Ex Novo”, la mostra di Luciano Romano al Pio Monte della Misericordia

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