Studio Trisorio, Napoli. Marisa Albanese
segno / ottobre — novembre 2012
A distanza di qualche anno dalla sua personale al Museo di Capodimonte, e ad un lavoro sempre più analitico sulle metamorfosi della materia, Marisa Albanese torna a riflettere sulle questioni della natura e sulla criticità del rapporto uomo-natura, sottolineando l'irriducibile connessione tra le molteplici forme di vita – dalle più articolate a quelle monocellulari – e tra tutti i fenomeni naturali in genere, avanzando una sorta di antidoto che proceda innanzi tutto da una lucida presa di coscienza di tale connessione stessa. Per il ciclo di opere presentate allo Studio Trisorio Marisa Albanese prende spunto dalla teoria del caos deterministico di Edward Norton Lorenz, che formulò il principio del "butterfly effect" in una conferenza del 1972 intitolata "Può il batter d'ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?". L'artista si è interrogata sulle possibili trasformazioni della materia, sull'unità sostanziale della natura, a fronte di un'irriducibile molteplicità delle sue forme, e sull'energia che si attiva dalle relazioni fra le diverse forme di vita.
Dai rami lasciati crescere, in virtù del rivestimento in resina bianca – dalla quale eccede però un germoglio –, in maniera tale da far scaturire una forma pressoché cilindrica ed attraversamenti da una proiezione di parole luminose, al solido blocco di ossidiana paradossalmente infranto da un uccello con il suo esile becco; dalle incisioni di una figura arborea su quattro irregolari solidi in marmo nero, allusione alla recente scoperta della discendenza di tutti i vegetali dalla Cynaphora Paradoxa, un'alga la cui simbiosi con un batterio diede origine alla fotosintesi, ai cinquanta piccoli rametti spogli a parete, figura di un paesaggio interiore; dall'iscrizione perpendicolare di un ramo bronzeo in una sedia lignea alle due pile di fogli di carta che racchiudono la allusione minuscola proiezione di un intreccio circolare di alberi – dai quali appunto proviene la carta –, il cui agitarsi rima con un il flusso delle nuvole, l'artista costruisce cosi un percorso ove natura ed artificio, soggettività plasmante ed oggettività plasmanda, aderenza al dato fisico e trascendenza nella dimensione metafisica, si affrontano in un dialogo serrato, costantemente soggetto ad esiti imprevedibili, in un'ottica certo guidata da una intuizione etica e persino politica, ma anche improntata ad una tensione impregiudicata verso ogni percorso di conoscenza, che abbraccia tanto i territori dell'immediatamente sensibile quanto la sovversione immaginifica delle regole in base alle quali esso funziona.
Stefano Taccone