Carlo Alfano, viaggio negli abissi dell’animo umano
eroica fenice / 3 maggio 2016
“Noi due, caro amico, siamo come il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro ed imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro complemento.”
Herman Hesse, Narciso e Boccadoro.
Quindici anni dopo la mostra antologica organizzata a Napoli, presso il Castel dell’Ovo, Carlo Alfano torna in mostra presso lo Studio Trisorio (Riviera di Chiaia, 215), in una retrospettiva intitolata La pienezza dell’assenza. Un discorso pittorico che, sulla tela, scandaglia l’animo umano.
Un segno concluso è la certezza e io non so cosa dovrei narrare a me o agli altri. Queste parole permettono di ben comprendere il senso ultimo delle opere di Carlo Alfano (Napoli, 1932-1990), consacrato artista del dubbio, dell’indefinito, del rimando continuo ad altro dalla rappresentazione.
Nutritosi di interessi letterari e filosofici, che spaziano da Shakespeare a Cervantes, da Proust a Joyce, con la sua arte Carlo Alfano va oltre l’arte stessa, inabissandosi in riflessioni sull’esistenza umana e sui dubbi che l’avvolgono.
Fondi neri, di ispirazione caravaggesca, su cui si stagliano figure umane, frammenti di figure, che si abbracciano, si riflettono, si sdoppiano, fino a diventare altro da sé. La duplicità è, infatti, un concetto fondamentale nel lavoro di Alfano, intesa come lacerazione dell’io, ambiguità dell’esistenza.
In Eco-Narciso, la figura mitologica viene colta proprio nel momento in cui, specchiandosi nell’acqua, si scinde nei propri riflessi e diviene altro da sé. In Eco-discesa, primo ciclo degli anni ’80, non c’è più un doppio speculare, la figura è divisa in due parti, ciascuna eco dell’altra, rimarcando una scissione e una perdita della centralità interna dell’individuo. Su uno spazio nero, profondo, che simboleggia il vuoto, lo smarrimento delle coordinate spazio-temporali, si muove una figura umana, la cui frattura interiore è resa esteriormente da un segno forte sulla tela, tagliata e ricomposta attraverso una fitta trama di fili.
Queste riflessioni alimentano anche i lavori successivi del ciclo Figure, realizzati tra gli anni ’80-’90, che danno forma su tela a incertezze e interrogativi. Ancora corpi scissi, sdoppiati, intenti a varcare soglie in uno stato di sospensione e immobilità, in un limbo esistenziale.
Carlo Alfano, grande pittore e pensatore, ha riflettuto sull’individualità dell’uomo, sul suo essere solo al mondo, oltre che su se stesso
“Se vuol sapere se c’è autobiografia nella mia pittura, le rispondo di sì, penso proprio di sì. In quanto uomo tra gli uomini, scrivo anch’io, a mio modo, del dubbio e della mancanza di senso, della lacerazione dell’io che è propria dell’uomo di oggi”.
La pienezza dell’assenza, un viaggio interiore, in mostra presso lo Studio Trisorio fino al 3 giugno 2016.
Rossella Capuano