Conversazione con Fabrizio Corneli tra luci e ombre
il mattino / 17 marzo 2019
Ancora una settimana per visitare la personale di Fabrizio Corneli allo Studio Trisorio. Più che opere, rivelazioni imprevedibili: figure ispirate alla statuaria classica, paesaggi, ritratti, sfere effimere di luce colorata che gravitano nello spazio. L’artista toscano, che vanta un rapporto ventennale con la galleria di Napoli, racconta luci e ombre del suo lavoro.
“Se intendiamo come luce il bianco e come ombra il nero, potremmo dire che non esistono luci ne ombre nelle mie opere, ma un continuum di grigi.” L’ambiguità della percezione è un concetto fondamentale per comprendere la poetica di Corneli, che aggiunge: “Anche se l’impostazione del mio modus operandi è razionale e matematica, il risultato nei migliori casi è difficilmente focalizzabile. L’immagine come significato vuole essere sfuggente e comunque rimandare a un universo, quello delle ombre, fluido e inaffidabile.
Sembra che Corneli suggerisca una dialettica tra razionale, inteso come studiato, conscio, ( la luce) e irrazionale inteso come misterioso, inconscio ( le ombre). Ma c'è una preponderanza dell'una sull'altra o restano volutamente bilanciate, entrambe rispettose del proprio confine?
“Sono le facce separate di una stessa medaglia, il supporto matematico geometrico serve da struttura per affrontare l’ambiguo mondo della significazione.”
E la crasi, l'unione delle due componenti, luci e ombre, favorisce una terza dimensione? Forse banalmente, la stessa riflessione?
“Sì. Lo stemma della città di Siena dove ho vissuto i primi 18 anni della mia vita è bianco e nero. Diciamo che ho passato il resto dei miei anni a sfumare in un continuo di grigi questi due toni e a interrogarmi su questa dimensione instabile.”
Disegnare con la luce: il personalissimo lavoro di Corneli si contraddistingue per l'utilizzo di materiali singolari e per le atmosfere che questi creano.
“Dall’inizio del mio lavoro ho usato le ombre. La loro struttura geometrica e d’altra parte la loro imprendibilità fisica e psicologica mi sono sempre state congeniali.”
Eppure Corneli nasce fotografo: qual è l’evoluzione del suo percorso artistico, dalla fotografia alle più recenti installazioni, che paiono avere aggiunto con il movimento (penso a Respiro) ancora una nuova dimensione alle opere?
“I miei primi lavori sono stati legati alla fotografia come materializzazione delle ombre. Poi sono passato a usare ombre vere e proprie create da sorgenti luminose. Negli ultimi anni potrei dire che la luce ha preso il sopravvento. Così sono nati lavori come gli “Halo”, visualizzazioni e quasi materializzazioni della percezione della luce, e i lavori ruotanti come “Respiro” dove la velocità crea la forma “inevitabile e necessaria” di un oggetto virtuale dato dalla luce e dal movimento.”
La mostra in corso fino al 22 marzo alla Riviera di Chiaia, include anche un intervento sul pavimento della galleria ispirato a motivi islamici, ripreso da una tarsia del Duomo di Piazza dei Miracoli a Pisa, a testimoniare l’osmosi fra le varie culture.
Il processo creativo: come avviene la "creazione della forma", procede immedesimandosi nello spettatore, pensando alla lettura dell'opera, quindi dandosi un preciso obiettivo finale, o l'opera prende corpo via via a seconda dei suoi esperimenti in maniera più spontanea?
“Il mio lavoro è progettuale e quindi realizzato al “buio” senza poter controllare le varie fasi dell’elaborazione materiale. Dunque, io sono il primo spettatore dei miei lavori: spesso con sorprese inattese inerenti a quel materiale incontrollabile che è la luce. La mia percezione è viziata dal progetto, perciò il mio primo pubblico funge da “cavia” di un esperimento: mi serve a capire se ha funzionato.
Ci descrive il suo rapporto con lo Studio Trisorio e con la città di Napoli?
Conosco lo Studio Trisorio da quando ho cominciato a lavorare e all’inizio degli anni 2000 abbiamo avviato una collaborazione che si è rivelata continua e fattiva. Tutte le volte che torno a Napoli sono impressionato dalla sua bellezza e vitalità, credo che in questo momento sia la città più vitale d’Italia. Ma forse lo è sempre stata. Napoli emoziona.
AnnaChiara Della Corte