Così Varini dipinge lo spazio di luce

il mattino / 9 ottobre 2014


Da Trisorio l’opera dell’artista svizzero tra forme geometriche e inedite prospettive

La percezione diventa materia da manipolare. Con ogni elemento ar­chitettonico presente nel luogo di riferimento coinvolto nella creazio­ne. È un pittore che lavora nello spazio Felice Varini, realizzando opere che pur nascendo site specific sono quasi sempre suscettibili di nuova ri-collocazione. Sabato alle 11, in conco­mitanza con la Giornata del Contem­poraneo, lo Studio Trisorio (Riviera di Chiaia 215) presenta una nuova instal­lazione dell'artista svizzero, nato a Lo­carno ma che vive e lavora a Parigi.

Spazi urbani, ambienti, paesaggi naturali diventano un «foglio» sul quale dipingere e comporre geometrie: l'opera di Varini consiste in interventi pittorici realizzati su pareti e superfici diverse. Molteplici segni convergono nella costruzione prospettica di una forma geometrica che appare allo spettatore solo quando la osserva da un determinato punto di vista, quello che lo stesso arti­sta definisce il «punto di parten­za potenziale».
La sua cifra è concepire gli spazi tri­dimensionali che ci circonda­no come una su­perficie unica e piatta sulla quale dipingere geometrie bidimensionali.

Varini non ama definire le sue creazioni – a volte vere e proprie sfide – installazioni: le opere «tridimensionali» da lui create, frutto di attento e meticoloso lavoro di calcolo matematico, sono sempre e comunque dipinti. Il colore crea un dialogo continuo con lo spazio (con la percezione dello spazio): riposiziona i volumi raccordando tra loro superfici discontinue attraverso geometrie per lo più curvilinee, ma anche ellittiche, quadrate o concentriche. L’installazione napoletana è composta da due lavori focalizzati sull’asse centrale e sue due capitelli che reggono l’arco delle scuderie di Palazzo Ulloa di Bagnara. Con gli archi di ellisse a suggerire coerenza in un punto, dinamica in un altro. E gli «spicchi» colorati blu, rosso, nero e giallo che si vanno ad aggiungere al bianco delle pareti e la volta.

È dal 1978 che Varini crea un suo personale spazio. «Da ragazzo dipingevo sulla tela e la mia fonte d’ispirazione erano Mondrian, Pollock, Malevich – racconta – poi dai 17 ai 26 anni ho lavorato nel teatro come scenografo e quando ho ripreso a dipingere qualcosa era cambiato: lavorare alle scene mi aveva fatto prendere coscienza della tridimensionalità». È sempre lo spazio a suggerire, ad ispirare l’opera: «Il pensiero è bidimensionale, il risultato è tridimensionale – sottolinea – il punto di vista cambia a seconda di chi guarda o del modo in cui si pone nei confronti dell’opera. Mi interessano forze e giochi di colore: utilizzo pitture acriliche e prediligo i colori primari. Cerco le soluzioni “meno sentimentali”: per me la pittura deve parlare solo di se stessa».

La luce gioca un ruolo fondamentale nella fruizione dei suoi lavori: «Rappresenta un elemento di attivazione del colore o di negazione di esso – dice l’artista – accentuandone chiarezze e trasparenze o rendendolo pieno. L’opera cambia in base alla luminosità della giornata: una mutazione continua». Il lavoro di Varini indaga le molteplici possibilità percettive dello spazio nell’intento di restituire allo spettatore nuove dimensioni pittoriche non solo da guardare ma anche da attraversare. Cambiando posizione I'osservatore può infatti scoprire e sperimentare in­ infinite chiavi di lettura ed essere sorpre­so dall'apparire di geometrie effime­re e reali allo stesso tempo. Immagini «anamorfiche» che prendono forma e che sembrano quasi staccarsi dal supporto che le contiene.

Nello show room dello Studio Trisorio, sono invece in mostra alcuni lavori della serie «Short Stories» di Markus Wüste. Prendere una cosa e toccarla: questo il punto di partenza del giovane artista tedesco che realiz­za le sue sculture con materiali come granito, marmo bianco e basalto. Le sue opere sono il risultato di una interazione profonda con la materia che si basa sulla costante ricerca di un equilibrio tra la resistenza e la fragilità della pietra. I suoi soggetti si ispirano al quotidiano, come un guanto di gomma riprodotto in calcare, cuscini di pietra, buste di marmo bianco, bot­tiglie di basalto. A sottolineare il suo interesse per la dinamica, la deformazione e la dematerializzazione. Un effetto inquietante e di grande fascino.

Tiziana Tricarico


 
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