Foto del profondo sud scattate a dorso di mulo

il mattino / 9 dicembre 2021


Roselena Ramistella, 39 anni, se ne va in giro a dorso di mulo nell’entroterra della sua Sicilia a fotografare storie, realtà ancestrali dove la natura è molto forte e l’uomo vive in stretto connubio con gli animali. Realtà contadine che pensavamo scomparse e che invece sopravvivono alla contemporaneità di un mondo digitale e di cui, anzi, ne sono il contraltare. C’è anche una memoria di vita nomade, zigana, o di quell’America profonda celebrata nell’epopea del West. La cosa che più stupisce è la visione di una terra vasta, disabitata, che si apre allo sguardo come paesaggio incontaminato che potrebbe anche essere scenario di un passato lontano. Gli animali sono protagonisti in primi piani straniati, come l’occhio di un giovane toro che ti guarda, il gioco di teste di due cavalli che nitriscono al cielo, o i due muli immobili nella notte stellata. L’incontro con l’uomo è sempre paritario: nel gioco di forza non si sa chi domina chi. Ecco allora ragazzi con lo stesso sguardo fiero dei cavallini che tengono alla briglia, o un giovane bovaro con un vitello sulle spalle. Su tutto grava un’atmosfera carica di magia archetipa, una calma che è simile all’ineluttabilità, una sorta di rassegnazione alla vita che diventa pace, armonia con il tutto.

«La mia ricerca sul territorio siciliano è antropologica ma anche geografica», spiega Ramistella, che sta infatti rintracciando nei suoi spostamenti tutte le antiche mulattiere che permettono di accedere a luoghi impervi ma anche paesaggi i più diversi, dalle terre coltivate alle asprezze vulcaniche della fascia etnea, dando sempre conto del variare delle stagioni, del lavoro dell’uomo e della simbiosi con l’animale. «È come se mi muovessi in una favola che invece è una storia veritiera», dice lei.

Queste fotografie fanno parte del ciclo «Deepland» e aprono la mostra che Roselena Ramistella inaugura domani alla galleria Trisorio, esito di un primo incontro che Laura Trisorio ha avuto con la fotografia in occasione dello scorso festival Artecinema dove si presentava il docufilm «L’isola delle femmine», in cui si rintracciava la forza delle donne siciliane proprio in questi squarci di vita nella «terraprofonda».
Un altro capitolo di questa narrazione per immagini, poetico e a tratti inquietante, è «Be Twins» e segue dal 2015 la vita di due ragazzine gemelle, ritratte nella loro crescita speculare, quasi uno specchio in cui potersi svelare e dove il loro doppio trova spazio narrativo esemplare. «Il bisogno di fare questo lavoro nasce dall’essere io stessa una gemella – racconta la fotografa – È quindi particolarmente affascinante per me indagare ancora più da vicino il rapporto tra queste sorelle, la specularità dei comportamenti, il fare a volte gli stessi sogni, avere eguali inquietudini, e da piccole non conoscere la solitudine. È una relazione magica».

La serie delle «Guaritrici» racconta invece di donne che, assecondando una tradizione popolare fatta di credi, preghiere e amuleti. Anche loro sono memoria di un mondo arcaico che sopravvive nella modernità di un Sud che non si stanca del suo passato, memorie di matriarcati che tramandano il sapere antico da donna a donna.

Un pezzo di napoletanità arriva con due grandi fotografie, realizzate per un servizio su Napoli pubblicato da «Vogue», che ritraggono la Tarantina e Ambrosia, due travestiti qui svelati in una particolare umanità: la Tarantina anziana e stanca appoggiata a un letto leopardato, Ambrosia giovane e dolente come una Madonna, mentre si affaccia da un tendone di plastica azzurra.

Gli uomini, invece, trovano incarnazione nei pescatori di Mazzara del Vallo, spesso involontari eroi nei salvataggi di migranti naufraghi. Sono lavoratori che si trovano a volte costretti a rinunciare alla pesca per salvare dall’annegamento altri uomini, donne e bambini; e i loro volti fotografati testimoniano tutto questo: la fatica della vita per mare, il dolore, la lotta contro la natura o contro le ingiustizie.

Infine, in uno struggente bianco e nero, un ciclo di immagini svelano «I giochi di Sofia»: la rappresentazione del mondo di una bambina simile alle infanzie di sempre, fatto di curiosità, stupori, piccoli gesti affatati.

Alessandra Pacelli


 
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