Jan Fabre “Io, tra la scienza e l’immaginazione: regalo arte a Napoli”

la repubblica napoli / 27 giugno 2017


L’artista belga in quattro mosse: una mostra da Trisorio, la scultura al Madre, poi Capodimonte e uno show teatrale

POKER d'assi a Napoli per Jan Fabre. Laura Trisorio ha invitato l'artista belga per una personale allo Studio Trisorio, una installazione sulla terrazza del Madre della sua scultura "L'uomo che misura le nuvole (versione americana, 18 anni in più)" che si inaugura giovedi alle 18, e sabato alle 11,30 al Museo di Capodimonte "Naturalia e Mirabilia". La sera di sabato alle 20.30 debutterà in anteprima mondiale anche un suo spettacolo.

Fabre, la sua installazione allo Studio Trisorio sembra un unico "still life", una natura morta, come dice la traduzione dall'inglese, che però è "ancora in vita”.
«Tutto il mio lavoro è collocabile nella zona di confine tra vita e morte. È la celebrazione dello stadio "post mortem". Come artista vivo in un tempo preso in prestito, e tutte le mie opere ne sono influenzate: un "memento mori"».

Lei parte dalla scoperta dei neuroni a specchio per spiegare l'empatia tra individui: come si lega il progetto napoletano con questo tema?
«Le sculture di cervelli sono "modelli di in pensiero" ispirate dal film in mostra, girato con il geniale scienziato italiano Giacomo Rizzolatti. Le sue scoperte mi hanno ispirato. Se si accettano le sue ipotesi, si guarderà in maniera diversa la bellezza e l'arte. Uno dei lavori più importanti è "The brains of my mother and my father", cioè di Helena Troubleyn e Edmond Fabre. È stato realizzato quando erano ancora vivi. Il loro ricordo è nell’opera».

Il titolo del suo video domanda se sentiamo con il cervello e pensiamo con il cuore. Qual è la risposta?
«Sin dalla fine degli anni Settanta ho sempre guardato al di là del muro della scienza e uno dei miei primi riferimenti è stato l'entomologo francese Jean-Henri Fabre. Il titolo del video è tratto da un mio testo teatrale, "The King of Plagiarism", dove si dimostra che l'imitazione è un punto di forza dell'intelligenza. Io sono guidato da istinto, intuito e intelligenza, che è l'equivalente dell'unione di cervello, cuore e sesso. Il film è sullo scambio di idee tra me e Rizzolatti: due persone con grande immaginazione, una virtù che collega un buon artista con un bravo scienziato».

Perché lei dice che il cervello è l'organo più sexy del nostro corpo?
«Da 40 anni il mio lavoro visivo, teatrale e letterario s'incentra sul corpo umano e animale, interno ed esterno. Sono approdato allo studio del cervello umano, sublime "terra incognita" da cui dipende la nostra esistenza. Conoscere le sue funzioni equivale a capire più a fondo il nostro essere corporei. Per questo il cervello è la parte più sexy del corpo: niente erezione senza immaginazione».

Qual è il senso del lavoro del Madre?
«C'è "The man measuring the clouds": anche quello trae ispirazione da uno scienziato, l'ornitologo Robert Stroud. Quando lasciò Alcatraz (dove era stato incarcerato per omicidio e si era dedicato allo studio dei canarini, ndr), gli chiesero che cosa avrebbe fatto e lui rispose "misurerò le nuvole"».

A Capodimonte, come spesso lei fa, ha usato parti di animali, già fonte di polemiche.
«Una volta per tutte: io amo molto gli animali, per me sono i migliori medici e filosofi. Da queste meravigliose creature governate dall'istinto possiamo imparare molto. Molte mie opere si basano sulla metamorfosi da uomo ad animale e viceversa. I corpi imbalsamati di cani e gatti che ho usato in diverse installazioni vengono da animali che io stesso ho raccolto sulle autostrade del Belgio. Molti dicono di amare gli animali, ma quando vanno in vacanza li abbandonano sulle strade condannandoli a morte certa. Quelle opere sono monumenti alla vulnerabilità di queste straordinarie creature. I difensori strenui dei diritti animali a volte sono così radicali che non riescono a sentire il vero messaggio dell'artista. Perché io credo che fin quando ci saranno i macelli, la gente continuerà ad ammazzarsi: se non si rispetta la vulnerabilità degli animali, a maggior ragione non sarà rispettata quella dei propri simili».

Che cosa andrà in scena sabato?
«Il mio Paese è il più folle e paradossale del mondo. "Belgian Rules / Belgium Rules", al quale ho lavorato per 5 mesi con 15 attori e ballerini è una critica dichiarazione d'amore al Belgio, ai suoi stereotipi: le patate fritte, che sono un po' come i vostri spaghetti e pizza, gli oltre 200 tipi di birra e le sfilate di Carnevale e poi le vicende coloniali nel Congo: contraddizioni che lo rendono il più assurdo e surreale paese d'Europa, di cui siamo la stanza dei bottoni e la fogna. Il fil rouge sono grandi artisti: Van Eyck, Bruegel, Rubens, fino a Ferdinand Knopf, James Ensor e Magritte. A ispirarmi sono state le polifonie di musicisti belgi come Orlandus Lasus, Jacques Brel, Django Reinhart e Stromae. Mi sento un nano in un paese di giganti».

Stella Cervasio
Renata Caragliano


 
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