L’arte della donna ragno
la repubblica / 21 marzo 2017
Due mostre e un film su Louise Bourgeois
Louise Bourgeois torna a Napoli. Ci era già stata nel 2008, due anni prima di morire novantottenne, e aveva lasciato un segno durato diversi mesi e rimasto nella memoria dei napoletani: “Maman”, un’interpretazione aracnica della figura della madre (“come un ragno, mia madre era una tessitrice), un’enorme scultura in bronzo che è rimasta per mesi nel cortile del museo di Capodimonte. L’aracnide “Maman” è una viaggiatrice girovaga instancabile: prima di Capodimonte era stata alla Turbine Hall di Londra e l’anno scorso faceva la “guardia” al Guggenheim di Bilbao.
Un film, una mostra di disegni e il rientro a Capodimonte di Louise, un’autrice che le donne sentono molto vicina: la firma su tutto il progetto è dello Studio Trisorio. In realtà l’anzianissima artista, che è forse quella che ha lasciato più scritti di auto-analisi sulle proprie fragilità e sul proprio lavoro, a Napoli quella volta non ce l’aveva fatta a essere presente, una delle sue ultime antologiche. Le ha organizzato un ritorno virtuale la gallerista Laura Trisorio: giovedì, in collaborazione con il museo Madre verrà proiettato il film Louise Bourgeois: The Spider, the Mistress and the Tangerine del 2008 nella sala grande al piano terra del Madre. Il lungometraggio è stato presentato nello stesso anno dell’antologica di Capodimonte in anteprima europea ad Artecinema, la rassegna di film d’arte annuale curata da Laura Trisorio. A dirigerlo sono state le statunitensi Marion Cajori e Amei Wallach, che hanno documentato dodici anni della complessa vita della Bourgeois.
Venerdì negli spazi dello Studio Trisorio, alle 19, si inaugura la retrospettiva “Voyages Without a Destination”: quattro sculture in bronzo e più di trenta disegni, dei quali la metà inedita, opere dell’artista nel periodo tra il 1940 e il 2009. Bourgeois aveva ripetuto più volte che le sue opere su carta altro non erano che “pensées-plumes” (pensieri-piuma). “Sono idee che colgo al volo e metto su carta. Tutti i miei pensieri sono visivi. Tuttavia i soggetti dei miei disegni spesso si traducono in scultura solo parecchi anni dopo. Di conseguenza, nei disegni ci sono molte cose che non vengono ulteriormente esplorate”. Tra le opere in mostra “Lair” (tana) del 1962, una forma ricorrente nel percorso creativo della Bourgeois, che l’artista definisce “un luogo protetto dove rifugiarsi, con un’uscita di sicurezza sul retro. Altrimenti non sarebbe una tana, perché non deve mai diventare una trappola”. Ogni affermazione dell’autrice, che parallelamente alla sua attività grafica e artistica, ha prodotto una grossa mole di scritti, pensieri, riflessioni e diari, può essere volutamente ingannevole. “Breasts” è un altro soggetto che ritorna nel segno della Bourgeois: seni che colano sangue in una guache del 2008, l’equivalente di un antico martirio e l’ambivalenza del senso della maternità. E ancora, una matita e carboncino su carta blu del 2002, curiosamente “Senza titolo”, visto che lei amava nominare le sue opere con vere e proprie frasi, mostra una piccola figura umana che appare attraverso un taglio sulla superficie della carta: “Questa è la paura – spiega Bourgeois, parlando di un suo disegno analogo del 1950 – non è qualcuno che guarda o spia, è uno che si nasconde”.
Sarà ripetuta poi la formula inventata da Raffaello Causa, e poi continuata da Nicola Spinosa, di accostare opere contemporanee alle collezioni di arte antica del museo di Capodimonte: sabato alle 11 la scultura “Femme couteau” (2002) viene messa a confronto con il seicentesco “Martirio di Sant’Agata” di Francesco Guarino, nel progetto a cura di Sylvain Bellenger, sempre con lo Studio Trisorio, dal titolo “Incontri sensibili”. Tra gli archetipi dell’opera di Bourgeois c’è anche quella che lei chiamava “Femme couteau” a partire dal 1969, la donna-coltello, che si identifica con il pene assumendone la forma, per potersi difendere dalle insidie di un sesso “proibito” e “pericoloso”. Questo nell’immaginario dell’artista è una rappresentazione delle reciproche vulnerabilità di maschile e femminile, messi insieme, lo yin e lo yang.
Renata Caragliano
Stella Cervasio