L'enigma della conoscenza: in mostra le fotografie di Robert Polidori
la repubblica / 13 aprile 2023
"L'enigma della conoscenza", il titolo della mostra di Robert Polidori allo Studio Trisorio, fa riferimento a un affascinante mistero della storia: il significato delle raffigurazioni delle pitture pompeiane. Grande e colto maestro della fotografia, Polidori ha esposto nei musei di tutto il mondo e ha fotografato in varie città, dedicandosi nel periodo più recente a quelle che definisce architetture " dendritiche", ossia cresciute come organismi vivi, minerali ramificati, senza un piano regolatore: città come Amman, Mumbai e Rio de Janeiro. La personale è visitabile negli spazi in via Riviera di Chiaia, 215 e nella sede di Capri, con l'apertura - avvenuta nei giorni scorsi - della stagione espositiva dello spazio di via Vittorio Emanuele, 44. L'artista di origine canadese, classe 1951, che vive e lavora in California, presenta un ciclo di fotografie a colori di grandi dimensioni degli antichi affreschi ritrovati nei siti archeologici di Pompei e Oplontis. Per realizzarli ha utilizzato una fotocamera di grande formato, che gli permette di riprendere meglio e in dettaglio tutti i particolari, o, come usa definirli Polidori, " le varie stratificazioni del tempo e della memoria e anche dei restauri che si sono sovrapposti su quelle opere". È stato spesso ritenuto fotografo di architetture, ma la definizione non gli piace. "A me interessa piuttosto ciò che le persone fanno all'architettura, come la usano e quale forma le danno". Nei primi anni '80, quando viveva a Parigi, ha cominciato a fotografare gli ambienti di Versailles per documentare il lungo restauro della reggia che sarebbe diventata museo. "Chi decideva i restauri operava scelte sulla base dell'idea che aveva di sè. Mitterrand, per esempio - prosegue Polidori - era considerato un Re Sole e preferì far rimettere in sesto le zone legate a quel periodo storico. Sarkozi, invece, scelse la parte di Luigi Filippo, perché restaurare è attuare una forma di revisionismo storico " . Perquanto riguarda Pompei, l'artista racconta di aver fatto alcune foto al Museo Archeologico Nazionale nel 2009 o 10, ma non le ha utilizzato. È tornato invece poi nel 2018, in occasione della sua prima personale allo Studio Trisorio dal titolo "DevotionAbandoned", una mostra sulle chiese abbandonate di Napoli. In quell'occasione a Pompei ha fotografato invece gli interni delle domus per catturare uno sguardo analogo a quello di chi le aveva abitate 2000 anni prima. " Erano state parzialmente restaurate e questo mi complicò la vita: ciò che era stato attuato per rendere i colori più brillanti, ho dovuto rettificarlo scegliendo una carta per la stampa dall'effetto matto più vicino possibile all'originale. Cercavo di parlare la lingua dell'arte con un'opera che era già arte. Facevo rivivere qualcosa che al 20 per cento era stata ridipinta. È come voler documentare l'usura del tempo". Molte delle immagini esposte sono state riprese nella villa suburbana dei Misteri e dedicate al suo corteo impegnato in un rito misterico. Polidori ha letto "L'arte della memoria" di Frances A. Yates, un testo che gli è servito per capire - come lui stesso ha dichiarato, "quanto la fotografia sia uno strumento tecnologico a favore della memoria che serve a testimoniare e a ricordare". In questa ottica, anche i proprietari delle domus avrebbero messo in atto una sorta di " teatro della memoria", come quelli raccontati nelle varie epoche della storia dalla studiosa inglese collegata ad Aby Warburg. E si sarebbero fatti, per poter ricordare fatti di vita vissuta e tramandare esperienze passate, ritrarre dai pittori dell'antica Roma nel ruolo di personaggi mitologici. Il risultato di questa serie fotografica di Polidori è la rappresentazione di una bellezza che il passaggio del tempo non potrà mai oscurare.
Renata Caragliano e Stella Cervasio