Manzo, l’autoritratto e un taglio nel dipinto

il mattino / 14 febbraio 2018


Allo Studio Trisorio le opere dell’artista che seziona e stratifica le carte dei suoi disegni

Umberto Manzo è un archivista della memoria e allo stesso tempo un artigiano della materia – la carta – che tratta e trasforma tagliandola in sottili lamelle, facendole perdere la sua originaria bidimensionalità per traghettarla in una dimensione quasi scultorea. La memoria – il suo lavoro di oltre trent'anni di pratica artistica – la porta sempre con sé: i suoi disegni vengono continuamente rimaneggiati dai tagli e ricomposti a formare figure altre, profili, volti, corpi, a dare potenza alle sue opere. Ogni quadro di Manzo è come un archivio personale che offre la sua intimità allo sguardo di chi osserva, e in esso si trovano visionarietà di colori, dettagli a matita o a olio di una bella capacità pittorica, brandelli di corpi che affiorano da ideali sudari: un braccio, una gamba, un piccolo segno di un viso.
E questa stratificazione viene collocata nello spessore del telaio creando sagome classiche che svelano un racconto senza tempo. Manzo inanella così una lunga catena di autoritratti: l'artista stesso torna infatti parcellizzato nelle sue carte, in un continuo interrogarsi su forma e segno, sulla valenza stessa del fare creativo.
Le opere appaiono anche come ferite, grandi tagli che lasciano scopertà l’interiorità, il sentire più profondo di un artista che vuole mettersi a nudo narrando la sua essenza più nascosta, la sua storia, le tracce che hanno segnato il suo cammino, le orme che le suggestioni della vita hanno impresso su di lui. Il tratto biografico, narrativo, è fortissimo e coinvolgente, unico nel suo genere.
Gli ultimi lavori di Umberto Manzo saranno presentati dallo Studio Trisorio in una mostra che inaugura venerdì (Riviera di Chiaia 215, ore 19), e che precede l'esposizione di due polittici di grandi dimensioni che nei prossimi mesi saranno acquisiti nelle collezioni del Museo di Capodimonte e del Museo Madre, dando così risalto a un autore la cui storia parte da Ponticelli per approdare alla «factory» di Rotondi dove un gruppo di artisti (Giliberti, Mainolfi, i fratelli Perone, Perino e Vele) autogesticono eventi nei loro studi creando un inedito corto circuito culturale. E in mezzo ci sono le mostre in gallerie private e spazi pubblici in Italia e all'estero, ma anche le esperienze degli anni Ottanta nel collettivo napoletano Idra Duarte e la sua presenza nel celebrato metrò dell'arte partenopeo.
Ma da Trisorio questa volta Manzo si misura anche con le architetture classiche del passato, indagando lo spazio e i suoi significati. Il dipinto della Piscina Mirabilis, con i suoi archi introdotti dall'arcata stessa della galleria, sembra un'apparizione da un mondo altro, evanescente e carica di presenze fantasmatiche, qui e li interrotto da sfere colorate come meteoriti in sospensione che irrompono sulla scena: l'opera stessa evoca una quinta teatrale, pronta ad ospitare un inatteso evento che riconduca lo spazio alla centralità dell'uomo.

Alessandra Pacelli


 
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