La Piscina Mirabilis di Umberto Manzo è pittura nascosta ma quelle tele raccontano storie
la repubblica / 12 febbraio 2018
Studio Trisorio
Si vedono degli archi, la veduta prospettica di uno dei più bei monumenti antichi di Napoli, la Piscina Mirabilis.
Umberto Manzo è autore di una grande tela a tecnica mista che sarà esposta, che restituisce una visione delicata e informale di questo luogo mitico. Si vedrà insieme ad altri lavori nella importante personale che lo Studio Trisorio dedica all'artista di Ponticelli che ha scelto di lavorare a Rotondi, in provincia di Avellino, in un'area che viene considerata ormai una factory di artisti contemporanei (con lui, Luigi Mainolfi, i fratelli Perone, Eugenio Giliberti, Perino e Vele). Inaugurazione venerdì alle 19 (via Riviera di Chiaia, 215). La Piscina mirabilis è una veduta che nasconde l'architettura: «Un lavoro – racconta Umberto Manzo – che ho immaginato come un palinsesto. La superficie di fondo con un tratto molto leggero, quasi impercettibile, come il disegno originario che si scopre sotto lo strappo di un affresco sul quale navigano tanti frammenti colorati. Una forma materica pesante che vaga nello spazio pittorico». Il metodo dell'artista, che lo contraddistingue dagli esordi della sua carriera, è una tecnica specifica che lo vede ricavare usando il taglierino, tanti pezzi di tela che compongono storie spiega l'artista. «Non sono frammenti messi a caso, ma tracce di lavori precedenti che ritornano». Le sue sono storie stratificate, come le filze degli antichi documenti custoditi negli archivi storici. «Utilizzo fra la materiali molto sottili incollati su mate tele da rifodero, come quelle usate dai restauratori. Il risultato è un colore quasi naturale che appare acquerellato».
In mostra, negli spazi di Laura e Lucia Trisorio, altri grandi lavori che rappresentano lo stile concettuale e rigoroso che è proprio di Umberto Manzo.
Tra le opere prodotte di recente, ma non esposte, un grande Anfiteatro di Pompei, "nascosto" fra la superficie della tela e la materia pittorica, di oltre tre metri: archeologia futuribile che diventa quasi spaziale. «Ripesco dalla storia delle immagini che mi piacciono. Più antico è il soggetto e più storia custodisce al suo interno», aggiunge l'artista. Nei prossimi mesi due sue opere entreranno in collezione al Museo di Capodimonte e al Madre. «La prima è la testa di una statua classica stratificata in un polittico di nove elementi di oltre due metri, mentre al Madre andrà un altro polittico in nove parti che nasconde più del solito il "sotto" della pittura. Se ci si avvicina si vede all'interno un'infinità di cose: i miei umori, sensazioni, passioni, è un archivio della memoria fatto anche di frammenti, che possono avere la stessa forza di un'opera intera».
Renata Caragliano