Robert Polidori, la memoria dei luoghi sacri come trama del vissuto di ognuno di noi

corriere del mezzogiorno / 9 novembre 2018


Se davanti al vecchio intonaco scrostato di «Santa Maria Vertecoeli» vi sembrerà di percepirlo quel muro che piano piano viene via, perdendo per un attimo la consapevolezza che state guardando un'opera, anzi una fotografia, Robert Polidori avrà colpito nel segno. Perché l'artista canadese (Montréal, 1951), celebre fotografo innamorato della bellezza e dei tempi di posa lunghi, che a metà degli anni Ottanta ottenne il permesso di documentare il dell restauro del castello di Versailles, e più tardi, per il «New Yorker», immortalò New Orleans sulla scia dell'uragano Katrina, ha sempre pensato ai luoghi come metafore e agli spazi come vasi di memoria segnati dalle vite presenti e passate. Una volta di più con «Devotion Abandoned», la mostra che da stasera, opening alle 19, vedremo allo Studio Trisorio. Frutto di un progetto che ha portato Polidori a soggiornare per lunghi periodi a Napoli negli ultimi due anni, alla ricerca di chiese e luoghi di culto abbandonati, il lavoro dell'artista (che ha esposto le sue opere in spazi pubblici e privati in tutto il mondo tra cui il Victoria and Albert Museum di Londra e la Bibliothèque Nationale di Parigi) indaga il lento declino del fervore religioso che poi è un carattere ricorrente della modernità in tutto il mondo occidentale e capace di operare una trasformazione culturale che porta con sé molti effetti psicologici. Dalla chiesa di San Giuseppe delle Scalze a Pontecorvo, a quella di Santa Maria del Popolo agli Incurabili, da Santa Luciella ai Librai a Sant'Agostino alla Zecca, da quella di Gesù e Maria al sacro tempio della Scorziata, a Santa Maria Vertecoeli, a San Potito, all'Augustissima Compagnia della Santa Croce, passando per le rovine di Oplontis, Pompei e i Campi Flegrei, Polidori costruisce, attraverso sovrapposizioni e metafore, evocando memoria e decadenza, un itinerario dell'essere che emoziona. Con venti grandi scatti «pittorici» dai colori saturi, frutto di lunghe ore in attesa della luce giusta e di una sofisticata angolazione della camera, Polidori che è particolarmente attento gli aspetti psico-emozionali dei luoghi indagati, trasferisce su carta quella dimensione sospesa dove le storie si rivelano attraverso gli strati della materia corrosi dal tempo. Senza mai alterare la realtà, quella decadenza dei luoghi sacri che si fa metafora di un tempo perduto, non misurabile e che, inesorabile, finisce per sedimentare tracce in ognuno di noi. Fino al 30 gennaio.

Melania Guida


 
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