Bourgeois, le seduzioni della donna-ragno
il mattino / 23 marzo 2017
Allo Studio Trisorio, al Madre e al Museo di Capodimonte le opere della grande signora dell’arte scomparsa nel 2010
Si comincia con il disegno di un paesaggio del 1940, colline e due case collegate da un’idea di sentiero più sentimentale che reale, e si arriva a un acquerello rosso in forma di spirale, del 2009, avvolgente e ipnotico in quel segno circolare che si arrotola su sé stesso. In mezzo ci sono 70 anni della storia di una grande signora dell’arte internazionale che ha attraversato il Novecento lasciando la sua visione del mondo al femminile, rapportando la sua creatività alle emozioni umane, alle relazioni familiari, alla memoria, alla sessualità, l’amore, l’abbandono. Louise Bourgeois, scomparsa a 98 anni nel 2010, torna a Napoli con le sue opere in un grande progetto curato da Studio Trisorio e che vede coinvolti anche il Madre e Capodimonte in un’inedita forma collaborativa tra un museo regionale, uno statale e una galleria privata.
Il primo appuntamento è infatti per oggi alle 17 al Madre, dove verrà proiettato «Louise Bourgeois: The Spider, the Mistress and the Tangerine» seguito da una conversazione tra Andrea Viliani e Jerry Gorovoy, presidente della Easton Foundation di New York e storico assistente della Bourgeois. L’evento centrale è per domani alle 19 allo Studio Trisorio (Riviera di Chiaia 215) con l’inaugurazione della mostra «Voyages Without a Destination», che mette in rassegna quattro sculture in bronzo e 34 disegni metà dei quali inediti – che testimoniano in un ampio arco cronologico l’intero percorso poetico dell’artista. Sabato invece, alle ore 11, a Capodimonte sarà inaugurata l’esposizione «Incontri sensibili», a cura di Sylvain Bellenger sempre in collaborazione con Trisorio, dove verrà esposta per la prima volta in Italia «Femme Couteau» della Bourgeois messa a raffronto con il «Martirio di Sant’Agata», opera seicentesca di Francesco Guarino. Proprio a Capodimonte l’artista francese nel 2008 realizzò una delle sue ultime grandi mostre (come dimenticare l’enorme ragno-mamma che troneggiava nel cortile della Reggia?), e oggi come allora la sua potente scultura viene inserita all’interno del percorso espositivo del museo, in un rapporto diretto con i dipinti della collezione, così come all’epoca aveva desiderato Louise Bourgeois. Questo triplice appuntamento ha attivato un sistema virtuoso che mette realmente in dialogo le istituzioni culturali, pubblico e privato, arte antica e contemporanea, nel desiderio di fare rete e tenere concretamente aperta una sinergia tra i diversi volti della cultura napoletana. Forse un altro di quei piccoli miracoli che solo nella nostra città si riescono a realizzare.
Ma torniamo alla mostra di domani alla galleria Trisorio. I disegni per Louise Bourgeois erano come parti di un diario, e come se fossero scrittura hanno la loro forza nell’immediatezza emotiva: un caos bisognoso di trovare ordine attraverso il gesto stesso del disegnare. Ne viene fuori un racconto che si dipana in immagini e forme simboliche, e dove il corpo femminile soprattutto, assume una forma primaria di bellezza. «La bellezza in sé non esiste. La bellezza è imparare, capire, risolvere un problema, trasformare il caos in armonia – diceva la Bourgeois in una conversazione con l’artista americano Bill Beckley, riportata in catalogo – Faccio un disegno e dopo scopro cosa intendevo dire con quel disegno. Il mio inconscio è piuttosto selvaggio. Se sei un artista, la bellezza la devi creare». Ed è così che scopri quanta emozione, quanta intima tensione verso il bello c’è in quegli acquerelli di paesaggi onirici senza figure, o in quell’autoritratto allo specchio non solo rimanda un volto ma attrae lo spettatore in uno spazio virtuale.
E poi una serie di opere più meditative, in cui la linearità del tratto si ripete ossessiva trasformando il foglio in una tessitura, forse in ricordo della madre che realizzava arazzi. E da qui il tema della ragnatela, fatta di filo e segni di matita, la riproduzione delle sue mani tratteggiate a penna, il ragno-mamma, la donna dai cinque seni, il parto in cui lei è la bambina che nasce. C’è tutta la poetica di Louise Bourgeois che si insegue e si autocita, con il tema della famiglia che ricorre a partire da un inchiostro su carta del 1946 per arrivare a una gouache del 2008 con due seni che distillano latte color sangue. E c’è l’artista che appare e scompare dietro ipotetici sipari, a rimarcare la necessità contraddittoria del nascondersi e svelarsi. E ancora la spirale tanto amata quanto enigmatica: bellissima quella stretta tra due mani, come fosse un orologio che s’interroga sulla successione del tempo racchiudendo la scritta «Ha il giorno invaso la notte o la notte ha invaso il giorno?».
Anche le sculture ripercorrono le tematiche care all’artista: ci sono due «Lair», «Tana»: una è un bronzo sospeso che mostra più vie di fuga, l’altra in forma di Zigurat, è quasi un formicaio a spirale che si erge verso l’alto; «The Worm» è un verme-mammella, grande forma lucida e inquietante come tutti i riferimenti sessuali rappresentati dalla Bourgeois , mentre «Femme» è un magnifico piccolo torso di una donna che dondola nello spazio. La scultura esposta a Capodimonte «Femme Couteau», per la prima volta in Italia ma già in passato in mostra al Centre Pompidou di Parigi e alla Tate Modern di Londra, ha doppia valenza di figura ferita ma che allo stesso tempo ferisce, con una gamba amputata ma che brandisce un coltello, donna assassina e forse suicida che riunisce in se dissonanze del maschile e del femminile, della fragilità e della violenza, del possibile e del perturbante.
Alessandra Pacelli