Gli ibridi di Jan Fabre i pesci dai volti umani alla Certosa di Capri

la repubblica napoli / 6 luglio 2022


Il progetto, a cura di Melania Rossi, consiste in 16 sculture in marmo di Carrara e marmo nero del Belgio a cui l’artista ha lavorato negli ultimi 4 anni

«Voi sezionate gli animali, io li studio vivi. Voi scrutate la morte, io osservo la vita». Così parlò – e lo dicono i due corposi volumi di memorie del naturalista francese Jean-Henri Fabre, parente o no (le biografie non ne hanno certezza) dell’artista belga Jan Fabre. Il rapporto uomo-animale ricorre nel lavoro di Fabre, che domani alla Certosa di San Giacomo a Capri inaugura “Homo aquaticus and his planet” (L’uomo acquatico e il suo pianeta), una nuova installazione promossa dalla Direzione regionale Musei Campania e realizzata dallo Studio Trisorio, con il patrocinio della Città di Capri.
Il progetto, a cura di Melania Rossi, consiste in 16 sculture in marmo di Carrara e marmo nero del Belgio a cui l’artista ha lavorato negli ultimi quattro anni. Le opere, installate nella chiesa del complesso trecentesco, raccontano, attraverso la visione di esseri ibridi emersi dagli abissi marini e dall’acqua come liquor, umore primigenio capace di generare e ri-generare, una diversa forma di vita per un habitat differente da quello noto. Corpo da pesce e volti umani in esseri di una specie sconosciuta, appiattiti su dei cervelli, organi cosiddetti del ragionamento degli umani. I pesci “dal volto umano” escono da manuali di zoologia, per opera di Fabre, che “gioca” con gli studi del suo omonimo, principe degli entomologi e lo fa, specialmente in questo caso della personale di Capri, in maniera singolare. Se infatti questi pesci umanizzati sembrerebbero essere l’evoluzione naturale di un animale trovato e studiato nelle grotte di Postumia, il Proteo, “Fabre cita Fabre” ma lo contraddice anche, in quanto il naturalista vissuto tra il 1823 e il 1915, pur essendo amico del padre dell’evoluzionismo, Darwin, era contrario alle sue teorie, propendendo piuttosto per una forma di “trasformismo” che per una progressiva perdita di organi causata dal mancato uso. Da oltre vent’anni Fabre riporta nel suo universo artistico – disegni, sculture e film-performance – la sua ricerca sul cervello umano, che attua confrontandosi con scienziati esperti in biologia e neuroscienze. “L’Homo aquaticus – dice infatti la nota che accompagna la mostra – riprende la visione dell’oceanografo francese Jacques Cousteau, che aveva immaginato un’evoluzione volontaria dell’uomo verso la vita sott’acqua, in parte per adattamento naturale e in parte con l’intervento della tecnologia. Ispirato dagli studi sullo Human fish, Fabre cerca di immaginare l’anello mancante nell’evoluzione dell’uomo dal mare alla vita sulla terra, concependo nuove metamorfosi da uomo a pesce e viceversa”.
La personale sarà inaugurata domani alle 18 nella trecentesca, magnifica Certosa di Capri che ospita le opere del pittore tedesco Karl Wilhelm Diefenbach (1851-1913), a cui Martone si è ispirato nel film “Capri-Revolution”, utopista naturista, simbolista e propugnatore di una vita in sintonia con la natura (non ebbe vita facile né ai suoi tempi né l’avrebbe avuta adesso). Nelle sale della Certosa, con le sue vedute notturne – 31 tele, 5 sculture in gesso – è conservato il dipinto “Du sollst nicht töten” (Non uccidere) che mette in parallelo il sacrificio di Isacco e quello delle quotidiane stragi di animali. La Certosa, intitolata a San Giacomo perché costruita da Giacomo Arcucci, conte di Minervino e Signore d’Altamura, segretario di Stato e tesoriere della regina Giovanna I d’Angiò, ritratto sulla lunetta della chiesa e opera di Niccolò di Tommaso, con la Vergine e angeli musicisti. La mostra di Fabre resterà aperta da domani fino al 30 settembre in via Certosa, 10: martedì – domenica, dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17,30).

Stella Cervasio


 
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